Etica

Quello dell’etica è stato sempre un argomento cruciale contro Omero, rimproveratogli fin dall’antichità, e ripreso dai commentatori moderni: l’aver attribuito agli Dei comportamenti quanto meno discutibili.

Ma l’Iliade e l’Odissea dimostrano esattamente il contrario: Omero, poeta profondamente religioso, ha lasciato, per chi lo voglia intendere, un messaggio intensamente etico ed un esempio ammirevole di come gli uomini possano essere pii, senza mostrare la benché minima traccia di servilismo, e di come possano confrontarsi con la propria condizione di mortali, senza diventare empi verso gli Dei.

L’etica ha per oggetto il comportamento, ma non quello occasionale, bensì quello abituale che, in quanto reiterato, si suppone fornito di una motivazione, di una riflessione a priori: inoltre non può prescindere dalla natura intrinseca del soggetto, quindi non può esserci un’etica valida per immortali e mortali, come non può esserci per uomini e animali. Esistono persone che antropomorfizzano gli animali in senso morale, ma al di là di una simbologia favolistica di stampo esopico sarebbe ingenuo e rozzo accusare una gatta di licenziosità, o una volpe di perfidia.

Quindi è opportuno sottolineare il fatto che la morale è una questione esclusivamente umana, riferendosi alla natura dell’uomo e al suo vivere in società. Gli Dei ne sono esclusi, come ne sono esclusi gli animali: questi ultimi in quanto non dotati di facoltà razionali, gli Dei invece in quanto immortali ed eternamente beati.

Gli Dei tuttavia non sono completamente estranei alla morale umana: pur non dando leggi precostituite agli uomini, vegliano comunque a che gli uomini non varchino i confini dell’umanità, né in alto né in basso. Così essi intervengono quando Achille infierisce sul corpo di Ettore e prima ancora, quando Agamennone maltratta Crise che gli si rivolgeva supplice per riscattare la figlia prigioniera: in entrambi i casi si tratta di suppliche da parte di padri sofferenti che portano riscatti per i figli, voci che non possono essere ignorate. Il fatto che non siano gli Dei a dettare direttamente delle leggi di comportamento agli uomini, ma che ne tutelino comunque l’umanità è di grande importanza: il comportamento più umano è quello che gli Dei apprezzano, e ciò conferisce un’aura venerabile e sacra a ciò che è più giusto.

Inoltre, il fatto che siano gli uomini a decidere da soli su quale sia il comportamento migliore, indica che la virtù non è qualcosa di imposto dall’alto e che va seguito pena la punizione divina, ma che anzi sia proprio confacente alla natura umana. Quest’ultima, lungi dall’essere incline al male, è tendenzialmente volta al bene, al controllo della ragione e del cuore, e gli Dei ne apprezzano le migliori caratteristiche, prodigandosi perché vengano rispettate: vediamo qui la preconizzazione della convinzione stoica che uomini e Dei condividano una medesima facoltà razionale.

Dunque gli Dei non dettano agli uomini leggi scritte: le norme del vivere civile sono già impresse nell’animo umano e nella ragione. Eventualmente gli Dei possono intervenire per ammonire coloro che momentaneamente si siano discostati da esse, come nel caso di Achille: ma potrebbero anche non farlo. Questo è un punto cruciale che vale la pena di chiarire: il mancato intervento degli Dei ci fa capire quanto l’uomo omerico fosse conscio della profonda umanità della virtù. L’uomo giusto non ha bisogno di venire premiato dagli Dei, in quanto ha nella sua stessa virtù il suo premio: non fa che realizzare pienamente la sua qualità di uomo. Quindi gli uomini nell’Iliade non si comportano in un certo modo perché pensano che così facendo riceveranno un compenso da parte degli Dei, ma perché ritengono che così sia giusto per loro, in quanto uomini e in quanto investiti di un particolare ruolo, di sovrani, per esempio, ma anche di mogli, di mariti, padri o figli.

Le lotte che Zeus e gli altri Dei dovettero sostenere contro i Titani e i Giganti ricordano i tempi in cui gli Dei hanno attivamente operato per il prevalere della giustizia e dell’ordine in ambito cosmico: spetta agli uomini fare la propria parte nel proprio mondo.

In Omero gli Dei e gli uomini sono da un certo punto di vista diversi, da un altro affini; l’affinità che il poeta rileva resta pur sempre circoscritta a quelle qualità che possono avere un’attinenza con la natura umana, cioè saggezza, bellezza e simili; mentre in seguito gli uomini vorranno poter condividere con gli Dei in qualche modo anche la sorte, l’immortalità. Allora l’uomo dovrà però scindersi in due, l’anima che finalmente potrà vivere eternamente, e il corpo, a quel punto inutile, anzi dannoso strumento, tomba dell’anima. La frattura avviene qui, quando l’individuo si separa da se stesso, detestando quella parte di sé che ne denuncia irrimediabilmente la mortalità.