“Disinvoltura” e scienza

Il dogmatismo è assolutamente estraneo ad Omero. Non è un caso che il poeta invochi la Musa per narrare le vicende degli uomini, non quelle degli Dei. Egli è forse troppo religioso per avere la presunzione di descrivere gli Dei come essi sono: non è un caso che il mito assegnasse una sorte funesta ai mortali che avessero contemplato gli Dei nel loro “vero” essere. Il poeta perciò non pretende di rivelarci come sono gli Dei, semplicemente perché nessuno potrebbe farlo. Quando Zeus all’inizio dell’Odissea dice (Od. I, 32-4)

ahimè! Come i mortali accusano gli Dei!
Infatti dicono che i loro mali vengono da noi: ma anche da soli
per le loro empie azioni hanno dolori oltre il destino,

indica proprio questo: gli uomini credono di conoscere il pensiero degli Dei, ma non sempre colgono nel segno, poiché le passioni talvolta li accecano facendoli errare. E’ indicativo che Zeus non si mostri indignato per questa ingiusta accusa degli uomini, ma piuttosto addolorato per loro. Inoltre gli Dei omerici non sentono la necessità di ribadire costantemente agli uomini cosa questi debbano pensare di loro, cosa possano o non possano fare, cosa debbano credere: nessun Dio pretende una devozione preferenziale per se stesso e nessun Dio ha mai bisogno dell’autorità di una rivelazione per essere creduto, poiché l’esistenza degli Dei in Omero è un fatto assodato al punto che non esiste neanche la possibilità mentale della “miscredenza”. Gli Dei omerici non hanno mai bisogno di dimostrarsi e gli uomini non sentono la necessità di elaborare dogmi insindacabili per uniformarsi tutti ad un credo comune che spontaneamente unisce con naturalezza anche popoli nemici: Achei e Troiani credono negli stessi Dei e seguono gli stessi culti senza che questo sia il prodotto di una precisa volontà.

Omero non si prefigge il compito di proporre una religione radicalmente nuova e quindi non si preoccupa di dimostrare l’esistenza dei suoi Dei né la propria posizione di “profeta”, quanto piuttosto dà per acquisita una convergenza di opinioni degli ascoltatori riguardo agli Dei, ritagliandosi tuttavia la possibilità di suggerire tramite essi temi e riflessioni personali collocandoli in un contesto più aulico: gli episodi ambientati nel mondo divino hanno quindi un’enorme rilevanza, ma non in un senso teologico, bensì nel senso di un messaggio umano.

Il poeta non poteva non rappresentare i suoi Dei in forma umana poiché, come fa giustamente notare  Schelling, «nulla si può concepire di più glorioso della figura umana». Sarebbe un errore pensare, come molti hanno fatto, che Omero non credesse nei suoi Dei, che fosse ateo, oppure agnostico: a ragione Schelling osserva che «gli Dei omerici sono creduti effettivamente, seriamente e veramente come Dei, non come rappresentazioni allegoriche o personificazioni delle forze della natura». Questo è un punto difficile da capire per l’uomo moderno: egli non è abituato alla “disinvoltura” nei confronti degli Dei. Questa disinvoltura, si badi bene, non significa trattare gli Dei con sufficienza e nessuno può farlo impunemente: quando Odisseo, di solito più prudente, beffeggia Polifemo dicendogli che neppure suo padre Poseidone potrebbe ormai guarirgli l’occhio accecato, si procura “un mare” di guai e molto tempo per pentirsi della propria arroganza. Quando Telemaco mette in dubbio la probabilità del ritorno del padre, che egli considera ormai impossibile perfino «se gli Dei lo volessero» (Od. III, 228), Atena che è presente sotto le sembianze del vecchio Mentore lo redarguisce (Od. III, 230-1), dicendo:

Telemaco, quale parola ti è sfuggita di bocca!
Facilmente un Dio volendo potrebbe salvare un uomo, anche da lontano…

Così , sempre a Telemaco che gli dice «padre, è un grande prodigio questo che vedo con gli occhi» (Od. XIX, 36) quando gli sembra che un Dio illumini loro la strada mentre si dirigono a riporre le armi, Odisseo risponde (Od. XIX, 42-43)

Taci, tieni per te il tuo pensiero e non domandare:
è questa la maniera di agire degli Dei, che hanno l’Olimpo.

Si può notare quindi che alcune frasi “ardite” di Telemaco non vengono passate sotto silenzio, bensì corrette dal poeta per voce della Dea stessa o di Odisseo, senza comportare tuttavia ire divine o accuse di empietà verso Telemaco da parte degli uomini. Ed è proprio questo che si intende per “disinvoltura”: la possibilità cioè di dire degli Dei qualcosa che può anche venire corretto se reputato errato, ma evitando una condanna irrimediabile che si traduce poi nella vita quotidiana reale degli esseri umani in intolleranza e persecuzione religiosa. Odisseo sa che esiste un ambito venerabile che non è opportuno per l’uomo violare, ma questo è estremamente circoscritto e lascia l’uomo libero di domandare su tutto il resto, come lo stesso Laerziade non rinuncia a fare ripetutamente. In tal modo il poeta conserva il “mistero” senza frustrare la curiosità naturale dell’uomo e senza imporre opprimenti oscurantismi.

Omero, pur non scordandosi mai di rivolgere agli Dei il pensiero in ogni frangente della vita, durante una battaglia come durante un banchetto, non ritiene oggetto di scandalo ironizzare talvolta sugli Dei o rappresentarli simili agli uomini nell’aspetto e nella mente. Omero introduce alcuni episodi che hanno come protagonisti gli Dei alla stregua di paradigmi eterni, che si ripetono simili nella vita dei mortali, generazione dopo generazione. Il pater familias autorevole, ma anche dolce coi suoi figli e figlie, la moglie che seduce e inganna il marito, il fratello maggiore che fa valere la propria anzianità e così via. In questi racconti gli ascoltatori ritrovavano situazioni che potevano accadere anche nella loro vita, e riflettevano su come risolverle senza drammi. Altri episodi erano inseriti per un duplice scopo: da un lato per rendere più lieve un avvenimento troppo intensamente emotivo e quindi per ridurre la tensione con un episodio più leggero. Joseph Campbell ha colto giustamente questo punto: «la mitologia fa apparire l’atteggiamento tragico come lievemente isterico ed il giudizio morale come ristretto e meschino. Tuttavia la durezza è compensata dall’assicurazione che tutto ciò che vediamo non è che il riflesso di una forza eterna e immutabile, che il dolore non tocca».

In Omero, non solo gli Dei ridono tra loro, ma anche gli uomini possono svagarsi prendendo parte in determinate occasioni al loro riso. Gli uomini infatti amano ridere non meno degli Dei, anche se ne hanno più rare opportunità. Possiamo notare che non è un caso se quando l’aedo canta le storie degli Dei tutti i convitati si rallegrano, mentre quando narra i fatti degli uomini c’è sempre qualcuno che piange, Odisseo a Scheria, Penelope ad Itaca. Bisogna rendere omaggio alla magnanimità di questi uomini che trovavano motivo di conforto al pensiero che, indipendentemente dalle vicissitudini della propria vita, esiste nel mondo di cui facciamo parte qualcosa di perfetto, bello e sereno, poiché non è da tutti apprezzare ciò che non si può avere: a questo proposito, Walter Otto osservava che «nonostante tutti gli affanni, declini o naufragi, l’esistenza riposa nell’Eterno, e l’Eterno qui sono gli Dei».

Per quanto riguarda poi ciò che l’uomo può avere, l’ammirazione per la bellezza di un cosmo ordinato e razionale come quello retto dagli Dei omerici ha creato i presupposti per la successiva nascita della scienza e della filosofia. Gli Dei omerici, lungi dal costituire ostacoli al progresso, al contrario hanno lasciato liberi gli uomini di esplorare e sapere, senza terrori irrazionali: gli uomini non si dovevano sentire annichiliti di fronte al divino, respinti dalla conoscenza, ma anzi, al contrario i loro Dei li incoraggiavano a comprendere il mondo e le sue leggi.

Bruno Snell osserva che «quando Platone indica come vero il Perfetto, “l’idea del Bene”, sopravvive in quest’affermazione il pensiero fondamentale della fede negli Dei olimpi. Anche l’arte plastica dei Greci ci dice che il mondo delle apparenze è bello e ha un senso profondo, purché lo si sappia giustamente intendere. E soprattutto è sorta in Grecia la scienza, da questa fiducia che il nostro mondo sia razionale e aperto al pensiero umano: così gli Dei olimpi ci hanno resi Europei». L’uomo non sarebbe mai potuto diventare come gli Dei, ma come uomo avrebbe avuto la facoltà, senza timore di commettere empietà, di utilizzare la propria intelligenza per svelare le meraviglie del mondo in cui vive ed di cui lui solo, oltre gli Dei, può cogliere il senso.