Forma e divino

L’antropomorfismo omerico non abbassa gli Dei al livello degli uomini, ma piuttosto eleva gli uomini a compagni degli Dei, aprendo il cammino all’idea poi espressa da molti filosofi che l’uomo partecipi con gli Dei di un medesimo logos universale.

Se la divinità deve avere una forma, l’aspetto umano è quello che più le si addice, ed è importante che anche la divinità abbia una “forma” poiché essa è qualcosa di diverso dall’uomo, ma non di alieno al mondo, come sarebbe “un’entità” senza forma. Non si tratterebbe infatti di una semplice mancanza di fantasia, ma del rifiuto implicito di ogni forma: se ciò che c’è di più sublime nel mondo fosse una forza senza forma, ciò negherebbe ad ogni forma l’appartenenza all’essere, ed implicitamente tutto ciò che ha forma, sia natura o uomo, non parteciperebbe del divino, ma esisterebbe solo in quanto una forza misteriosa senza forma avrebbe deciso di crearlo e non avrebbe ancora deciso di distruggerlo. Ciò che ha forma non meriterebbe rispetto di per sé, non sarebbe sacrilego cercare di mutare il suo essere, perché il divino, unico ad esigere rispetto, sarebbe altrove, e di diversa natura. In questo modo il mondo della forma diventerebbe il mondo della falsa apparenza, mentre la verità starebbe in ciò che è privo di forma. Mancando la forma, mancherebbe anche qualsiasi nozione di bello. Sarebbe un rifiuto del mondo tangibile e visibile che verrebbe privato in maniera assoluta e totale di ogni presenza divina, relegata ormai al di fuori di esso.

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